Norme penali riferite alla falsificazione ed ai documenti informatici
Grazie alle modifiche del codice penale apportate attraverso la legge 23
dicembre 1993 n. 547 " Modificazioni ed integrazioni alle norme del codice
penale e del codice di procedura penale in tema di criminalità informatica"
sono state introdotte numerose nuove ipotesi di reato direttamente
riconducibili all'informatica ed alla telematica. Esplicitamente riferito
alla falsificazione del documento informatico è soltanto l'art.491 bis c.p.
(introdotto dall'art. 3 della legge 547/93 nel capo III del titolo VII,
libro II del codice penale), che consente di punire la falsificazione dei
documenti informatici attraverso le disposizioni penali sino ad oggi
riguardanti esclusivamente la falsificazione dei documenti cartacei. Ne
deriva, quindi, che restano sicuramente escluse dall'applicabilità ai
documenti informatici tutte le fattispecie di falso documentale che si
collocano al di fuori del capo III del titolo VII, libro II del codice
penale (ad. es. il delitto di soppressione, falsificazione o sottrazione di
atti o documenti concernenti la sicurezza dello Stato di cui all'art.255
c.p. o di alterazione di stato civile mediante falsità, di cui al capoverso
dell'art.567 c.p.). Riferibile al documento informatico, ma non alla sua
falsificazione, è l'art. 621 c.p. (e ciò grazie all'introduzione del
secondo comma realizzata attraverso l'art. 7 della legge 547/93), che
consente di punire la rivelazione del contenuto di un documento informatico
segreto. Viene anche sanzionata la violazione, sottrazione e soppressione
della corrispondenza informatica e telematica (e ciò grazie alla
sostituzione del previgente comma quarto dell'art. 616 c.p., realizzata
attraverso l'art. 5 della legge 547/93). Vi sono poi altre disposizioni in
qualche modo riconducibili alla c.d. manipolazione informatica, che meritano
di essere seppur sinteticamente ricordate. L' art. 392 c.p. - esercizio
arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose - (grazie
all'introduzione del terzo comma realizzata attraverso l'art.1 l.547/93)
punisce colui che, al fine di esercitare un preteso diritto, potendo
ricorrere al giudice si fa arbitrariamente ragione da se medesimo alterando
o modificando un programma informatico. L'art. 617 sexies c.p. (introdotto
dall'art. 6 legge 547/93) punisce la falsificazione, alterazione o
soppressione del contenuto di comunicazioni informatiche o telematiche.
L'art. 635 bis c.p.- danneggiamento di sistemi informatici e telematici-
(introdotto dall'art. 9 della legge 547/93) punisce colui che distrugge,
deteriora o rende inservibili programmi, dati o informazioni altrui. L'
art.640 ter c.p.- frode informatica- (introdotto dall'art. 10 della legge
547/93) punisce chiunque , alterando in qualsiasi modo il funzionamento di
un sistema informatico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità
su dati ,informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o
telematico o ad esso pertinenti procura a sé o ad altri un ingiusto profitto
con altrui danno.
Rilevanza penale della falsificazione informatica
Volendosi attenere al tema della relazione occorre individuare le norme
penali riferibili alla falsificazione del documento informatico e le altre
eventualmente riconducibili all'uso abusivo della firma digitale.
L'individuazione delle disposizioni penali riguardanti la falsificazione del
documento informatico prende le mosse dall'art. 491 bis c.p., che fornisce
una propria definizione di documento informatico, rinviando alla normativa
preesistente (dettata in materia di falsità in atti) per l'identificazione
delle condotte punibili. Ne consegue che alla luce della predetta norma, la
falsificazione del documento informatico assume rilevanza penale solo
quando: a) l'oggetto su cui ricade la condotta è un documento informatico,
da intendersi tale quello descritto dall'art. 491 bis; b) la condotta di
falso considerata è riconducibile, presentandone tutti i requisiti
richiesti, all'interno di una delle norme penali già previste nella parte
del codice penale riferita alle falsità in atti (476 ss. c.p.).
Il documento informatico quale oggetto della falsificazione
Perché le norme dettate in materia di falsità in atti siano applicabili anche
al documento informatico è necessario che lo stesso presenti i requisiti
previsti dall'art. 491 bis c.p., per il quale " per documento informatico
si intende qualunque supporto informatico contenente dati o informazioni
aventi efficacia probatoria o programmi specificatamente destinati ad
elaborarli". Si nota subito come tale definizione è simile a quella
contenuta nell'art. 621 c.p., così come novellato dall'art. 7 della legge
547/93 (dove, tuttavia, non si richiede che i dati, i programmi e le
informazioni abbiano efficacia probatoria) mentre risulta in contrasto,
almeno apparente, con quella presente nel DPR 513 del 97 e nel DPR 445/2000,
dove per documento informatico si intende la " rappresentazione informatica
di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti". Quanto al fatto che "i
dati, le informazioni ed i programmi" contenuti nel supporto abbiano
efficacia probatoria si osserva come il D.L.vo 10/2002 ha recentemente
introdotto disposizioni sull'efficacia probatoria del documento informatico
e che comunque "l' efficacia probatoria" debba essere letta non in senso
strettamente processualistico, quanto piuttosto come funzione o rilevanza
probatoria e ciò in linea con quanto richiesto in genere per le
falsificazioni dei documenti cartacei e con il bene tutelato dalle norme in
questione ovvero la fede pubblica..
Norme penali dettate in materia di falso applicabili al documento informatico
La parte del codice penale riservata alle falsità in atti contempla ipotesi
di falsità materiali ( alterazione o contraffazione del documento) e falsità
ideologiche (falsa attestazione in sede di redazione dell'atto) commesse da
un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni o da privati. Primo
problema è di verificare quali norme di quelle previste per il falso dei
pubblici ufficiali (476-480 c.p.) possano riferirsi al documento
informatico. Se parliamo di falsità in certificati o autorizzazioni
amministrative, 477 e 480 c.p., (carta d'identità, passaporto, patente,
nulla osta per avviamento lavoro) l'applicabilità delle relative norme
dipende dall'effettiva sostituzione per legge di questi atti con la
registrazione elettronica. Quando ad esempio vi sarà la carta d'identità
elettronica la falsificazione dei dati in essa contenuti potrà integrare il
delitto di cui all'art.477 c.p. in virtù dell'art.491 bis c.p.. La
falsificazione di copie autentiche di atti pubblici e privati o attestati
del contenuto di tali atti può essere punita ai sensi dell'art. 478 c.p.
anche quando si riferisce ai documenti informatici in virtù di quanto
stabilito dal comma 2 e 3 dell'art. 6 D.P.R. 513/93, sempre che il documento
presenti i requisiti richiesti dal D.P. R. citato. Risponderà quindi del
delitto i cui all'art. 478 c.p. il pubblico ufficiale che rilasci copia o
attestato in forma elettronica di un atto pubblico difforme dall'originale o
in assenza dell'originale dichiarando la conformità della copia o
dell'attestato all'originale. La punibilità della falsificazione del
documento informatico con le norme riferite alla falsità degli atti pubblici
(atti redatti da p.u. costitutivi di diritti o obblighi per p.a. o privati o
diretti a provare il compimento di atti compiuti in sua presenza) dipende
dalla possibilità di dimostrare che il documento informatico abbia le
caratteristiche richieste per il corrispondente atto pubblico redatto in
modo tradizionale. E' sicuramente ammissibile l'operatività delle norme
riferite al falso dell'atto pubblico per il quale non sia richiesta la
sottoscrizione del pubblico ufficiale quando il documento redatto in forma
elettronica indica e rende individuabili i dati relativi all'amministrazione
interessata ed al soggetto che ha effettuato l'operazione , in modo da
soddisfare il requisito della riconoscibilità dell'autore dell'atto (art. 18
comma 2 D.P.R. 513/97). E' altresì ammissibile l'operatività delle norme
riferite al falso dell'atto pubblico per il quale sia richiesta la firma
autografa o sottoscrizione del pubblico ufficiale che lo ha redatto se vi è
la firma digitale (art. 19 D.P.R. 513/97). Ipotesi di falso ideologico
concernente la firma digitale possono realizzarsi in occasione della sua
autentica da parte di un notaio o di altro pubblico ufficiale autorizzato,
stante l'efficacia di cui all'art.2703 c.c.(art.16 D.P.R. 513/97). E' dovere
del notaio di controllare la validità attuale della chiave utilizzata,
controllando gli appositi registri telematici, relativa ad una firma non
revocata o sospesa ma utilizzata da persona diversa del legittimo titolare.
Il notaio deve, infatti, sempre accertare la corrispondenza fra attività del
firmatario e generalità del titolare della chiave che risulterà dal
certificato. A proposito dell'attività del notaio in questo settore, gran
parte della dottrina ha rilevato che l'art.16 fa esclusivo riferimento
all'autentica da parte del notaio o da parte di altro pubblico ufficiale
della firma digitale apposta al documento informatico confezionato dalle
parti, ma non prevede che l'atto del notaio, atto pubblico o autenticazione,
possa essere redatto con procedure informatiche. Ad avviso di tale dottrina
la redazione di un atto pubblico notarile in forma telematica comporterebbe
quindi una revisione della legge notarile, che si basa sul presupposto
della forma scritta e sottoscritta di pugno del notaio. Non applicabili
paiono le disposizioni incriminatrici delle falsità in alcuni documenti
tipici equiparati agli atti pubblici - come testamento olografo, cambiale ed
altri titoli di credito trasmissibili per girata- (art. 491 c.p.) e ciò fino
a quando non vi sarà espressa regolamentazione normativa relativa alla
formazione e conservazione attraverso strumenti informatici di tali atti. Vi
sono poi ipotesi delittuose la cui struttura, per la specifica e tassativa
configurazione della condotta o del relativo oggetto materiale, sembra
renderle insuscettibili di estensione a corrispondenti falsità informatiche,
come le varie figure di abuso in foglio firmato in bianco (art.486,487,488
c.p.). Se la falsificazione riguarda un documento informatico, con un
contenuto che svolge funzione probatoria, ma non proveniente da pubblico
ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, possono trovare
applicazione le norme che puniscono la falsità in scrittura privata. La loro
operatività è possibile alla luce di quanto previsto nel D.P. R. 513/97 dove
si dice che: a) il documento che presenta i requisiti previsti dal
regolamento soddisfa il requisito legale della forma scritta (art.4); il
documento sottoscritto con firma digitale ha efficacia di scrittura
privata(art.5), nonché stessa efficacia probatoria delle documentazioni
tradizionali. Si può allora prospettare la punibilità dell'uso di atto
informatico falso da parte di chi non ha concorso alla sua realizzazione
(art.489 c.p.), così come il delitto di soppressione, distruzione o
occultamento di atto vero (art.490 c.p.). Quanto a quest'ultima ipotesi si
osserva che l'art.490 c.p. troverà applicazione nell'ipotesi di distruzione
di dati aventi efficacia probatoria immagazzinati su un supporto fisico o
logico (es. memoria interna dell'elaboratore), mentre nel caso di
distruzione di dati, anche se non aventi efficacia probatoria, in transito e
non ancora fissati su un supporto, troverà applicazione la norma generale di
cui all'art. 635 bis c.p.
L'uso abusivo della firma digitale
Al di là di quanto detto in materia di falso è possibile immaginare altri
reati che possono riguardare l'uso della firma digitale. L' utilizzo abusivo
della chiave privata da parte persona diversa dal titolare può integrare il
delitto di cui all'art.494 c.p.(sostituzione di persona), mentre nel caso di
appropriazione di firma digitale altrui può ipotizzarsi il delitto di furto
o di appropriazione indebita. L'utilizzo della chiave sottratta può
integrare altresì il delitto di truffa o di ricettazione Se la firma
digitale abusiva viene impiegata nei rapporti con la pubblica
amministrazione il falso può concorrere con i delitti di cui agli artt. 640
c.p. 2 comma n.2 (truffa aggravata ai danni dello Stato) e 640 bis (truffa
aggravata per il conseguimento erogazioni pubbliche). Il delitto di falso
può anche concorrere con la truffa contrattuale a mezzo di firma elettronica
e ciò alla luce di quanto previsto dall'art.11 DPR 513/97, che prevede il
riconoscimento giuridico dei contratti stipulati con strumenti informatici o
telematici purché sottoscritti con firma digitale. Può ipotizzarsi anche un
concorso con frode informatica e detenzione e diffusione abusiva di codici
di accesso a sistemi informatici e telematici.